Pregiatissimi, una recentissima Ordinanza della Corte di Cassazione (la n. 10065/2025), consente di soffermarci su una tematica sempre molto delicata, ovvero quella relativa ai requisiti di validità dei verbali di conciliazione sindacale. Ebbene, la Corte di Cassazione ha ribadito che “la conciliazione in sede sindacale, ai sensi dell’art.411, comma 3, c.p.c., non può essere validamente conclusa presso la sede aziendale, non potendo quest’ultima essere annoverata tra le sedi “protette” mancando del carattere di neutralità indispensabile a garantire, unitamente all’assistenza prestata dal rappresentante sindacale, la libera determinazione della volontà del lavoratore”. Nel caso di specie, il lavoratore aveva fatto ricorso all’Autorità Giudiziaria al fine di chiedere la nullità del verbale di conciliazione; in quanto sottoscritto presso la sede aziendale, (ancorché alla presenza del Rappresentante sindacale). La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito della Corte di Appello – ha rigettato il ricorso proposto dalla società, rilevando che la “protezione” del lavoratore – nell’ambito della rinuncia a diritti indisponibili – è affidata non solo all’assistenza del Rappresentante sindacale, ma anche al luogo in cui la conciliazione avviene.
Con l’Ordinanza in parola, pertanto, la Cassazione ha chiarito che gli elementi di cui sopra, rappresentano concomitanti accorgimenti necessari al fine di garantire al lavoratore la libera determinazione nella rinuncia a diritti previsti da disposizioni inderogabili e l’assenza di condizionamenti di qualsiasi genere. Secondi i Giudici di legittimità, dunque, la sola presenza del Rappresentante sindacale non è sufficiente per derogare al luogo di svolgimento della conciliazione, essendo quest’ultimo individuato in maniera tassativa dal legislatore.