Collegato Lavoro (i primi chiarimenti operativi)

Aprile 9, 2025
Collegato Lavoro (i primi chiarimenti operativi)

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Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – con Circolare n. 6 del 27 marzo 2025 – ha fornito le prime indicazioni operative, con particolare riferimento alle novità in materia di somministrazione di lavoro, lavoro stagionale, periodo di prova, comunicazioni in materia di lavoro agile e cd. dimissioni per fatti concludenti.

Segnatamente:

  1. SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO

L’attuale disciplina (conseguente al D.Lgs. n. 81/2015) dispone, ora, in caso di sforamento del limite temporale di 24 mesi, la costituzione in capo all’utilizzatore di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato. Con le seguenti precisazioni:

  • per i contratti di somministrazione stipulati tra agenzia e utilizzatore a decorrere dal 12 gennaio 2025 (data di entrata in vigore della legge n. 203/2024), il computo dei 24 mesi di lavoro dei lavoratori somministrati deve tenere conto di tutti i periodi di missione a tempo determinato intercorsi tra le parti successivamente alla data considerata
  • ne consegue, ai fini del calcolo del suddetto periodo di 24 mesi, che si conteggeranno solo i periodi di missione a termine che il lavoratore abbia effettuato per le missioni avviate successivamente al 12 gennaio 2025 (ad esempio, nell’ipotesi di un lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’agenzia di somministrazione e inviato presso l’utilizzatore in una missione a termine per un periodo di 30 mesi, cessato prima del 12 gennaio 2025, tale periodo non viene calcolato per il raggiungimento del limite dei 24 mesi, di guisa che il lavoratore potrà essere inviato in una o più missioni a termine il cui inizio è successivo a detta data, entro il limite massimo di 24)
  • al contempo, secondo il principio tempus regit actum, le missioni in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 203/2024, svolte in ragione di contratti tra agenzia e utilizzatore stipulati antecedentemente al 12 gennaio 2025, potranno giungere alla naturale scadenza, fino alla data del 30 giugno 2025, senza che l’utilizzatore incorra nella sanzione della trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro con il lavoratore somministrato (tuttavia, in quest’ultima ipotesi i periodi di missione maturati successivamente alla data del 12 gennaio dovranno essere scomputati dal limite dei complessivi 24 mesi, previsti dall’articolo 19 del decreto legislativo n. 81/2015)
  1. LAVORO STAGIONALE

Rientra nella definizione di lavoro stagionale l’attività lavorativa svolta in un determinato periodo dell’anno e priva del carattere della continuità, sussumibile nella più ampia categoria del lavoro a tempo determinato, regolato dal citato decreto legislativo n. 81 del 2015 (articoli 19-29), dal quale si distingue per alcune eccezioni, in un’ottica di riduzione delle relative rigidità organizzative e gestionali.

In base alle nuove disposizioni, sono considerate stagionali non solo le tradizionali attività legate a cicli stagionali ben definiti, ma anche quelle indispensabili a far fronte ad intensificazioni produttive in determinati periodi dell’anno o a soddisfare esigenze tecnico-produttive collegate a specifici cicli dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa.

  1. IL PERIODO DI PROVA

Le nuove disposizioni introdotte, che si aggiungono a quanto sopra riportato, stabiliscono che “Fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è stabilita in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni, per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a sei mesi, e a trenta giorni, per quelli aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi”.

La norma trova applicazione per i contratti di lavoro instaurati a far data dall’entrata in vigore della legge in esame, ovvero dal 12 gennaio 2025.

Attenzione: I limiti massimi non possono essere derogati neppure dalla contrattazione di secondo livello, atteso che l’autonomia contrattuale non può – per principio generale – introdurre una disciplina peggiorativa rispetto a quella legale.

Nel caso di contratti di lavoro a termine di durata superiore a dodici mesi, fatte salve le più favorevoli previsioni della contrattazione collettiva, il periodo di prova sarà calcolato moltiplicando un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario, anche oltre la durata massima di 30 giorni, stabilita per contratti a termine di durata inferiore a dodici mesi.

  1. LAVORO AGILE

La disposizione apporta modifiche alla legge 22 maggio 2017, n. 81 – già modificata dal D.L. 21 giugno 2022, n. 73 – fissando il termine di cinque giorni per la comunicazione dell’avvio e della cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile e delle eventuali modifiche della durata originariamente prevista.

Ricordiamo che: ai fini della sua regolarità amministrativa e della prova, l’accordo per il lavoro agile deve essere stipulato per iscritto; tuttavia, il termine per la comunicazione decorre non dalla data del suddetto accordo, bensì da quello – che potrebbe essere differente – dell’effettivo inizio della prestazione di lavoro in modalità agile.

Nel caso di modifica della durata originariamente comunicata, per effetto di una proroga dell’accordo – che deve intervenire, ovviamente, prima della scadenza del termine inizialmente concordato e comunicato – il datore dovrà provvedere alla comunicazione di tale modifica entro i 5 giorni successivi alla proroga stessa.

Parimenti, nel caso di cessazione anticipata, la comunicazione deve essere inviata entro i cinque giorni successivi alla nuova data di conclusione.

  • DIMISSIONI PER FATTI CONCLUDENTI

La disposizione introdotta dal Collegato Lavoro ha riconosciuto espressamente la possibilità che il rapporto di lavoro si concluda per effetto delle cosiddette dimissioni per fatti concludenti (o dimissioni implicite), consentendo al datore di lavoro di ricondurre un effetto risolutivo al comportamento del lavoratore consistente in una assenza ingiustificata, prolungata per un certo periodo di tempo.

Tale effetto risolutivo non discende automaticamente dall’assenza ingiustificata, ma si verifica solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di prenderne atto, valorizzando la presunta volontà dismissiva del rapporto da parte del lavoratore e facendone derivare la conseguenza prevista dalla norma.

Con le seguenti precisazioni:

  • per quanto concerne la durata dell’assenza che può determinare la configurazione delle dimissioni per fatti concludenti, in mancanza di specifica previsione nel CCNL applicato al rapporto di lavoro, la legge prevede che debba essere superiore a quindici giorni
  • i giorni di assenza, in mancanza di ulteriori specificazioni da parte della norma, possono intendersi come giorni di calendario, ove non diversamente disposto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro
  • quello individuato dalla legge costituisce il termine legale minimo affinchè il datore – a partire, quindi, dal sedicesimo giorno di assenza – possa darne specifica comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro (nulla vieta, dunque, che detta comunicazione all’Ispettorato possa essere formalizzata anche in un momento successivo)
  • la suddetta comunicazione opera anche quale dies a quo per il decorso del termine di cinque giorni previsto per effettuare la relativa comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro tramite il modello UNILAV
  • nel caso in cui il CCNL applicato preveda, invece, un termine diverso da quello contemplato dalla norma in esame, lo stesso troverà senz’altro applicazione ove sia superiore a quello legale, in ossequio al già richiamato principio generale per cui l’autonomia contrattuale può derogare solo in melius le disposizioni di legge.

Sul punto appare utile precisare che, in ogni caso, la procedura telematica di cessazione a seguito di dimissioni per fatti concludenti, avviata dal datore di lavoro, viene resa inefficace se lo stesso riceva successivamente la notifica da parte del sistema informatico del Ministero dell’avvenuta presentazione delle dimissioni da parte del lavoratore.

Pertanto, anche la presentazione di dimissioni per giusta causa tramite il sistema telematico da parte del lavoratore prevale sulla procedura di cessazione per fatti concludenti avviata dal datore di lavoro.

Con riferimento alle conseguenze di tale cessazione, si ritiene – in base ai principi generali che regolano il rapporto di lavoro – che il datore possa trattenere dalle competenze di fine rapporto da corrispondere al lavoratore l’indennità di mancato preavviso contrattualmente stabilita.

Da ultimo, occorre chiarire che – in base ad una lettura sistematica della normativa a tutela della maternità e della paternità – la disposizione in esame non è applicabile nei casi previsti dall’articolo 55 del decreto legislativo n. 151/2001, che prevede la convalida obbligatoria (con effetto sospensivo dell’efficacia) della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e delle dimissioni presentate da: – lavoratrice durante il periodo di gravidanza; – lavoratrice madre o il lavoratore padre durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento.

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